Arewen posò le sue piccole mani sulla balaustra, cercando di vedere il paesaggio sottostante. Dall'alto della torre tutto sembrava così piccolo agli occhi della bambina.
Si volse verso il padre, timorosa. «Papà?»
Enhand la fissò con i suoi profondi occhi bianchi, prova della sua divinità. «Dimmi, figliola, che succede?»
La bambina ricambiò lo sguardo, guardando il padre con espressione stupita. «Perché lasciamo soffrire la gente? Non siamo dei, noi?»
L'uomo sorrise: Arewen era sempre stata una bambina molto perspicace, ma soprattutto si era sempre preoccupata dei più deboli. «È difficile da spiegare, Arewen», sospirò, cercando di trovare le parole giuste per non far soffrire la figlia. «Non siamo sempre stati nascosti in questa torre, ti ricordo che, in fondo, siamo stati umani un tempo, l'unica ad essere dea dalla nascita sei tu, figlia mia, per questo non conosci le ragioni del nostro esilio.»
Arewen fissò il padre, non capendo ciò che le volesse raccontare.
«Molti secoli fa vivevamo in comunione con gli umani, noi stessi lo eravamo. Col passare del tempo, però. qualcosa in noi cambiò, anzi, forse non siamo mai stati totalmente mortali: fin da piccoli avevamo sviluppato una sensibilità unica, percependo l'universo e le sue leggi, entrando in comunione con esso e infine diventando noi stessi l'universo. A seconda delle nostre attitudini sviluppammo capacità uniche, dal controllare gli elementi s poter persino riportare in vita i morti. Ma non eravamo neppure totalmente dei, la nostra sensibilità ci impediva di essere neutrali di fronte alle sofferenze dei mortali, anzi ci costringeva ad aiutarli; certo, non potevamo alterare l'ordine dell'universo, ma con piccoli rimedi rendevamo loro la vita più semplice.»
Sospirò, deluso. «Non tutti gli umani, però, vivono in comunione con la natura: molti sono avidi, desiderosi di potere, assetati di sangue; per loro noi eravamo armi da sfruttare, semplici strumenti per poter sottomettere i più deboli. Ovviamente ci opponemmo, ma vedi, Arewen, i mortali sono vendicativi, provano sentimenti che fortunatamente noi non possiamo neppure immaginare.»
Nessun commento:
Posta un commento